IVA 2022: tutte le novità del Decreto Fiscale

iva 2022

Attraverso la circolare n. 5/ER del 25 febbraio e resa pubblica il 28 febbraio 2022, le Entrate spiegano le novità IVA 2022 del Decreto Fiscale.

Tramite questo documento vengono trattate le principali novità in materia di IVA contenute nel DL del 21 ottobre 202 n.146, convertito poi con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili” c.d. decreto fiscale 2022.

Nello specifico vengono chiari gli aspetti circa:

  • operazioni nei confronti di organismi dell’UE in risposta alla pandemia di COVID-19;
  • servizi di trasporto internazionale effettuati da subvettori.

 Decreto Fiscale: IVA 2022

Il decreto fiscale prevede la non imponibilità delle operazioni covid verso organismi UE. Si parla dunque di non imponibilità per cessioni di beni e prestazioni effettuate dal primo gennaio 2021 e nei confronti di tutti gli organismi comunitari che si sono attivati per rispondere alla pandemia.

La Circolare n.5/E sottolinea quindi la non imponibilità ai fini Iva delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi anti Covid-19 ad organismi comunitari. 

È prevista inoltre una non imponibilità retroattiva alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021 e in particolare: 

  • per le operazioni assoggettate a Iva nel periodo 1° gennaio – 21 dicembre 2021
  • i fornitori potranno emettere note di variazione in diminuzione dell’imposta a suo tempo addebitata.

L’eventuale venir meno delle condizioni per beneficiare della non imponibilità sarà comunicato ai soggetti interessati all’Amministrazione finanziaria. L’operazione, dunque, si assoggetta a IVA dal fornitore alle condizioni applicabili alla data in cui è stata effettuata l’operazione.

Operazioni effettuate da enti associativi

La circolare n. 5/E illustra anche alcune modifiche alla disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, con particolare riferimento alla rilevanza delle operazioni effettuate da alcuni enti non commerciali di tipo associativo nei confronti di soci e associati. 

Le misure entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2024. Queste prevedono che alcune operazioni rese ai propri associati dietro corrispettivi specifici o contributi supplementari, da non rilevanti ai fini dell’Iva diventino operazioni esenti dall’imposta.

Per le organizzazioni di volontariato e associazioni con ricavi inferiori ai 65 mila euro, si prevede la possibilità di beneficiare del regime forfettario.

IVA 2022:  imponibilità servizi di trasporto internazionale di beni e subvettori

La circolare analizza anche le modifiche al regime di non imponibilità IVA delle prestazioni di servizi di trasporto internazionale.

In particolare dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2022, sono imponibili le prestazioni di trasporto internazionale di beni esportati/importati verso/da Paesi extra Ue se rese a soggetti diversi dall’esportatore. 

Incentivi assunzioni: proroga e nuovi massimali 2022

assunzioni 2022

Novità per i bonus assunzioni 2022. La Commissione Europea ha dato il via libera per gli sgravi contributivi per le assunzioni di under 36 e donne svantaggiate, sino al 30 giugno 2022. La comunicazione è dell’INPS, tramite il messaggio 403 del 26 gennaio. Prorogata al 30 giugno anche l’autorizzazione per lo sgravio Decontribuzione Sud.

Bonus assunzioni 2022: gli under 36

La Legge n. 178/2020 (Manovra 2021) ha stabilito uno sgravio pari al 100% dei contributi INPS carico azienda, nel limite massimo di 6 mila euro annui e per trentasei mesi. Gli sgravi sono a beneficio di coloro che assumono a tempo indeterminato o che trasformano a tempo indeterminato tutti i soggetti che nel biennio 2021-2022 abbiano un età inferiore o uguale a 35 anni e 364 giorni, dunque under 36.

L’agevolazione è riservata a coloro che non sono occupati a tempo indeterminato con il medesimo o altro datore di lavoro, nel corso della vita lavorativa.

Non sono sgravabili, tuttavia, le assunzioni con contratto di:

  • apprendistato;
  • lavoro intermittente o job on call;
  • domestico;
  • lavoro occasionale.

Possono accedere alla misura i rapporti a tempo indeterminato con gli under 36 in regime part-time o nel caso in cui il lavoratore stesso sia socio di cooperativa.

Il beneficio non può superare la soglia di 6 mila euro annui, ossia 500 euro mensili.

L’esonero è elevato a quarantotto mesi per i datori che effettuano assunzioni in una sede o unità produttiva situata in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Bonus per le donne svantaggiate

La Manovra ha considerato e esteso l’esonero anche per i lavoratori privati che assumono:

  • donne con almeno cinquant’anni di età disoccupate da oltre dodici mesi;
  • donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea.

E ancora:

  • donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • donne di qualsiasi età ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

L’incentivo spetta per:

  • dodici mesi in caso di assunzioni a tempo determinato;
  • diciotto mesi a fronte di assunzioni a tempo indeterminato;
  • diciotto mesi complessivi a decorrere dalla data di assunzione, a fronte di trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto a termine agevolato.

Bonus assunzioni 2022: Decontribuzione Sud

Infine, per contenere gli effetti sull’occupazione in aree caratterizzate da gravi situazioni di disagio socio-economico, l’esonero contributivo, detto Decontribuzione Sud, è stato esteso al 31 dicembre 2029 a opera della Legge di Bilancio 2021.

L’agevolazione consiste in un esonero dal versamento dei contributi INPS carico azienda in misura pari al 30% sino al 31 dicembre 2020.

La Manovra 2021, nel prorogare la misura al 2029, ha differenziato così la percentuale sgravabile:

  • 30% fino al 31 dicembre 2025;
  • 20% per gli anni 2026 – 2027;
  • 10% per gli anni 2028 – 2029.

Le regioni interessate sono Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

L’esonero si applica ai rapporti di lavoro dipendente, eccezion fatta per i contratti di lavoro domestico ed il settore agricolo.

Le PMI crescono grazie all’utilizzo della Firma Elettronica

firma elettronica

La Firma Elettronica si impone tra le imprese italiane che vogliono restare altamente competitive, questo a causa della necessità di innovazione.

La trasformazione digitale rende imprenditori, liberi professionisti e piccole e medie imprese attente alla costante ricerca di soluzioni che migliorano i processi lavorativi.

La Firma Elettronica e il rapporto con le PMI

La Firma Elettronica si conferma uno tra gli strumenti più efficaci per l’ottenimento di risultati positivi in termini di competitività. Si tratta di una firma, chiaramente digitale, che ha il medesimo valore legale della firma autografa e garantisce sicurezza e autenticità dei documenti informatici sottoscritti e trasmessi tramite mail.

Come detto, la firma digitale è dunque l’equivalente di una firma autografa apposta tradizionalmente su carta. Possiede autenticità, integrità e ha piena validità legale. Risulta utile nella sottoscrizione di documenti inviati via e-mail o altri servizi di messaggistica alla Pubblica Amministrazione.

Il servizio di firma digitale consente di avere il certificato di autenticazione CNS, acronimo di Carta Nazionale dei Servizi, che permette l’accesso ai servizi online della PA.

Quanto viene utilizzata

Le Piccole e Medie imprese italiane hanno colto profondamente i vantaggi legati all’utilizzo della Firma Elettronica, essendo uno strumento che consente di interloquire con tutte le realtà, supportando la trasformazione digitale.

Il 74% delle aziende ha adottato almeno una tecnologia di Firma Elettronica. Il 17% la utilizza almeno una volta al giorno, il 22% una volta a settimana e il 34% una volta al mese. Il settore bancario e assicurativo sono in cima alla lista di coloro che lo sfruttano maggiormente.

Circa il 75% delle aziende sono alla ricerca di nuove soluzioni che ne migliorino il lavoro quotidiano.

La Firma Elettronica viene utilizzata principalmente nella gestione delle risorse umane per la compilazione di moduli fiscali (24%), per firmare contratti, referti, moduli, fatture, atti, convenzioni, etc. (19%). Nell’area marketing e vendite per la stipulazione di contratti con i clienti e gli utenti di servizi (16%). Nei rapporti con le banche per l’apertura e gestione del conto (12%) e, infine, nella finanza per la documentazione relativa alla contabilità (12%).

Appare chiaro che l’utilizzo della Firma Elettronica si impone con forza tra le imprese italiane propense all’adozione di nuove soluzioni, orientate all’utilizzo di strumenti digitali.

Legge di delegazione europea: tutte le novità su lavoro e tirocinio

legge europea

È stata pubblicata, in Gazzetta Ufficiale il 17 gennaio 2022, la Legge europea n. 238 2021. Fa riferimento al recepimento della normativa comunitaria e adeguamento per sanare procedure di infrazione su aspetti delle leggi italiane che si allontanavano dalle direttive europee.

Si tratta di diritto dei lavoratori, di prestazioni sociali a cittadini extracomunitari, di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali e di validità dei tirocini.

Eccole nel dettaglio.

La Legge europea e la libera circolazione dei lavoratori

La legge di delegazione europea come detto, interviene sulle normative vigenti per modificare e intervenire su problematiche esistenti. Nell’articolo 1 si lavora per contrastare la direttiva n. 2014/54/UE1 sull’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione.

Le disposizioni delegano l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR) per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni, fondate sulla nazionalità.

Riconoscimento figure professionali e tirocini

Proseguendo nell’analisi del testo, l’articolo 4 tratta del riconoscimento delle qualifiche professionali. Le novità sono relative al riconoscimento delle qualifiche, dei tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionali. Non si fa riferimento solo ai cittadini italiani, ma anche a tutti gli altri cittadini degli Stati membri dell’Unione europea residenti in Italia.

Nel suddetto articolo si modifica, inoltre, il comma 1, secondo il quale anche il nostro ordinamento si instaura il divieto di esigere da un prestatore di servizio un anno di esercizio della professione nello Stato d’origine. La direttiva infatti  stabilisce i casi in cui gli Stati membri non possono limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione.

Assistenza sociale stranieri, l’articolo 41

Infine, appare di particolare interesse la modifica apportata all’articolo 41 del testo unico immigrazione del D.Lgs. n. 288/1998, che vede l’aggiunta di due commi.

Stando al vecchio testo, difatti, l’articolo 41 subordinava l’estensione ai cittadini extracomunitari delle provvidenze concesse a titolo di assistenza sociale, al possesso di un permesso di soggiorno purché di durata non inferiore a un anno. Seguendo tale norma è capitato che l’INPS negasse la concessione di prestazioni, come l’assegno di natalità o maternità.

Nell’articolo 12, invece, sono ammesse parità di trattamento anche verso i cittadini extracomunitari, ammessi in uno Stato membro per motivi di lavoro a norma del diritto dell’Unione.

Pertanto, dopo le modifiche approvate con la legge europea, la equiparazione ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle prestazioni in materia di sicurezza sociale si applica:

  • a tutti i titolari di permesso unico lavoro;
  • ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio che svolgano un’attività lavorativa o l’abbiano svolta per un periodo non inferiore a 6 mesi;
  • ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca.

Anche ai fini della fruizione delle prestazioni familiari sono ora equiparati ai cittadini italiani:

  • gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi;
  • gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a 6 mesi.

Due diligence fiscale: di cosa si tratta

due diligence fiscale

Col termine due diligence fiscale si intendono le attività di verifica svolte da specifici advisor, solitamente in fasi di acquisizione societaria, per tutelare il potenziale acquirente da eventuali rischi fiscali latenti sulla società target.

Due diligence fiscale: cos’è

La due diligence fiscale è un’analisi che descrive la situazione dell’azienda in un dato momento della vita dell’impresa.

È un’indagine effettuata da professionisti esperti del settore, come dottori commercialisti o revisori fiscali, che ha come obiettivo quello di verificare le informazioni per valutare l’attività di un’azienda e la sua compliance alla normativa amministrativa e fiscale in vigore.

Può inoltre essere definita come un processo di natura valutativa che consente al soggetto acquirente di conoscere i punti di forza e di debolezza della società target.

In pratica, è il procedimento tramite il quale un imprenditore ha la facoltà di eseguire una verifica della compliance fiscale della società.

Tale attività è svolta come operazione propedeutica verso successivi processi di acquisizione di partecipazioni sociali, fusioni o scissioni, cessioni di azienda o affitti di azienda, etc.

L’attività di due diligence contabile e fiscale si conclude con la redazione di un documento finale denominato due diligence report.

Le diverse tipologie

Per poter una distinzione fra le diverse tipologie occorre distinguere tra:

  • momento di effettuazione della due diligence fiscale;
  • aree di intervento della due diligence fiscale;
  • soggetto che commissione la due diligence.

Quando si ricorre a due diligence fiscale

Nella prassi si utilizza tale attività nelle operazioni straordinarie in cui l’investitore ha bisogno di essere tutelato rispetto all’assunzione di rischi di natura fiscale sulla società target.

Può dunque essere utilizzata durante:

  • acquisizioni di aziende o di partecipazioni societarie;
  • fusioni e scissioni;
  • cessioni o affitto d’azienda;
  • quotazioni in borsa;
  • aumenti di capitale;
  • stipulazione di un contratto di joint venture.

Le due diligence non hanno una durata preimpostata. La durata dipende dalla quantità di informazioni da analizzare e dal livello di approfondimento della verifica. Una due diligence può proseguire anche a causa di potenziali difficoltà incontrate dall’advisor nel corso dell’attività di verifica.

Genericamente, ad ogni modo, si può affermare che tale attività ha una durata media che va dalle due alle sei settimane.

Registro delle imprese: che cos’è e a cosa serve

registro imprese

Il Registro delle imprese è un registro all’interno del quale sono iscritte le imprese italiane. Nasce nel 1993, sebbene sia ufficialmente entrato in azione nel 1996 con la Legge relativa al riordino delle Camere di Commercio e con il conseguente Regolamento di attuazione.

Registro delle imprese: di cosa si tratta

Il Registro delle imprese nasce con l’obiettivo di assicurare completezza e organicità della pubblicità legale per tutti i soggetti che risultano tenuti a iscriversi. Viene gestito dalle Camere di commercio, tramite la rete informatica e telematica di Infocamere.

Rispetto al lontano 1996 appare evidente che il sistema informativo del sistema camerale abbia subito una dematerializzazione inevitabile, dovuta ai processi di evoluzione digitale.

Ad oggi, dunque, il Registro imprese è un registro pubblico informatico. Tale registro, secondo la Legge delle Camere di Commercio presenta le seguenti caratteristiche:

  • ha competenza provinciale;
  • è gestito secondo tecniche informatiche;
  • la sua tenuta è affidata alla locale Camera di Commercio, sotto la vigilanza di un Giudice, delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Provincia;
  • è retto da un Conservatore nominato dalla giunta nella persona del Segretario Generale ovvero di un dirigente della Camera di Commercio che assicura la corretta tenuta del Registro Imprese in osservanza delle disposizioni in materia e delle decisioni del Giudice del Registro.

Pertanto il documento viene definito l’anagrafe delle imprese, proprio perché al suo interno sono presenti dati quali la costituzione, modifica e cessazione delle imprese con qualsiasi forma giuridica e settore di attività economica su tutto il territorio nazionale.

Cosa contiene

Questo contiene tutte le principali informazioni relative alle imprese:

  • denominazione;
  • statuto;
  • amministratori;
  • sede.

Presenta, inoltre, tutti gli eventi, successivi all’iscrizione, che hanno interessato l’azienda, come le modifiche dello statuto, o delle cariche sociali, trasferimenti di sede, liquidazioni, proceduro concorsuali, liquidazioni.

Ciò lo porta ad essere definito come un archivio per l’elaborazione di indicatori di sviluppo economico e imprenditoriale.

Funzioni principali del Registro imprese

Una delle funzioni principali è la fornitura di pubblicità legale degli atti in esso iscritti.

Questa si suddivide in:

  • costitutiva, nel caso in cui l’iscrizione di un determinato atto nel Registro è requisito necessario ed indispensabile affinché l’atto produca i propri effetti giuridici tra le parti;
  • dichiarativa, qualora l’iscrizione nel Registro renda opponibile ai terzi l’atto del quale è stata data pubblicità, prescindendo dalla effettiva conoscenza che i terzi ne abbiano;
  • notizia, qualora l’iscrizione nel Registro ha una finalità di certificazione anagrafica e di informazione del pubblico.

Il principale obiettivo del Registro delle imprese è  raccogliere dati e documenti dei soggetti tenuti all’iscrizione presso il registro delle Imprese, e di rilasciare certificati e visure.

Come iscriversi

Per iscriversi è necessario presentare la domanda e attendere l’iscrizione e l’assegnazione del numero di iscrizione al registro.

Inoltre occorre presentare la Comunicazione Unica d’Impresa alla Camera di Commercio competente per la provincia in cui si trova l’impresa. La Comunicazione Unica deve essere inviata per via telematica a mezzo Pec.

DURC: cos’è, dove si richiede e cosa contiene

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Il DURC, documento unico di regolarità contributiva, è un attestato che prova la regolarità contributiva di un’azienda verso l’INPS, l’INAIL e la Cassa Edile. Nello specifico, il DURC è finalizzato alla repressione del lavoro in nero e delle irregolarità assicurative e contributive.

Cos’è il DURC

Il DURC, noto come Documento unico di regolarità contributiva, è il documento che attesta il rispetto di pagamenti e adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi di un’azienda.

Come già accennato, il DURC consente di verificare l’adempimento dei contributi diretti all’INPS e INAIL. Nel caso di imprese che applicano contratti nel settore edilizio, anche per le Casse edili.

Dal 1° luglio 2015, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale 30 gennaio 2015, la verifica avviene con modalità telematiche e con il rilascio del DURC online con validità di 120 giorni dalla richiesta.

Chi deve richiedere obbligatoriamente il DURC

I soggetti obbligati a richiedere il DURC sono, anzitutto, datori di lavoro e lavoratori autonomi per tutti gli appalti pubblici. I datori di lavoro, nello specifico, devono richiedere il certificato per la fruizione dei benefici normativi e contributivi. La richiesta va fatta anche ai fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria.

Il possesso del DURC è obbligatorio anche nel caso di lavori di edilizia privata, soggetti a DIA o SCIA (vale anche per le imprese straniere).

Lo devono richiedere gli esercenti di attività di commercio su aree pubbliche e, infine, anche le aziende agricole con dipendenti e lavoratori autonomi del settore dell’agricoltura.

Chi rilascia la certificazione

Gli senti tenuti al rilascio del DURC sono l’INPS, l’INAIL, le Casse edili e tutti gli istituti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, sempre previa convenzione con INPS e INAIL.

Cosa contiene

Il documento deve contenere:

  • denominazione o ragione sociale, sede legale e unità operativa, codice fiscale del datore di lavoro;
  • iscrizione agli istituti previdenziali e alle Casse edili (ove previsto);
  • dichiarazione di regolarità ovvero di non regolarità contributiva, con indicazione della motivazione o della specifica scopertura;
  • data di effettuazione della verifica di regolarità con- tributiva;
  • data di rilascio del documento;
  • nominativo del responsabile del procedimento.

 Il documento viene emesso entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, ma rimane sospeso nel caso previsto dall’art. 7 dello stesso decreto.

Quando non è necessario il DURC

Tale documento non è obbligatorio per tutti i soggetti che restano esclusi dall’elenco di cui sopra e nei rapporti tra privati, se non quando le prestazioni riguardano lavori edili che devono essere autorizzati.

La detraibilità dell’IVA prima dell’inizio dell’attività: come funziona

detraibilità dell'iva

Aprire un’attività è un’operazione che comporta un dispendio energetico, ed economico, da non sottovalutare. Tuttavia, è bene sapere che tutti gli acquisti effettuati nel periodo preparatorio all’inizio dell’attività godono della detraibilità dell’IVA, anche nel caso in cui non vi siano ricavi. Sono, però, necessari alcuni requisiti e, ovviamente, non devono essere presenti finalità abusive. Ecco come funziona la detraibilità dell’IVA.

L’IVA e la sua detraibilità

L’IVA, nota come Imposta sul Valore Aggiunto, è l’imposta destinata al consumatore finale. Nel caso in cui si tratti di soggetti economici e titolari di partita IVA, l’IVA è neutrale. Ciò accade poiché tramite il sistema della detrazione e della rivalsa questi soggetti detraggono l’IVA sugli acquisti e l’addebitano sulle cessioni. La differenza tra l’ammontare dell’IVA sugli acquisti e l’ammontare dell’IVA sulle vendite dà vita a un debito IVA da versare all’erario.

In merito, ha una connotazione particolare la questione relativa, appunto, alla detraibilità dell’IVA prima dell’inizio dell’attività, quando dunque sono assenti le operazioni attive.

È doveroso specificare che non si tratta di una situazione rara. Difatti, per un’impresa commerciale è necessario sostenere dei cospicui investimenti proprio prima dell’inizio dell’attività. Può, infatti, capitare, che un’impresa, dopo aver sostenuto una parte degli investimenti preparatori decida di non avviare mai l’attività economica. Tale decisione è presa nel caso in cui si ritenga che non vi siano le condizioni. In questi casi, il naturale meccanismo di detrazione e rivalsa, che caratterizza l’IVA, viene a mancare di una delle due parti; e il contribuente, detraendo senza addebitare, genera un credito nei confronti dell’erario. 

Con il tempo però la giurisprudenza di legittimità si è consolidata su un diverso orientamento, supportata dalla posizione assunta dalla Corte di Giustizia UE in più occasioni: di ciò si è occupata la recente ordinanza della Corte di Cassazione numero 39684, pubblicata il 13 dicembre 2021, che ha il pregio di riepilogare i punti di vista della giurisprudenza (italiana ed europea) sul tema.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte rileva come La Corte di Giustizia abbia stabilito che “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo. In quanto agisca come tale, egli ha quindi il diritto di detrarre immediatamente l’IVA dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa”. “Altrimenti, si determinerebbe una violazione del principio di neutralità dell’imposta”. Va tenuto in considerazione che non è “sufficiente un’intenzione che si articoli sul piano meramente soggettivo o dei propositi: occorre pur sempre che l’intenzione sia confermata da elementi oggettivi e non sia contrassegnata da finalità fraudolente o abusive”.

Come ottenere la detraibilità dell’IVA

Affinché un soggetto possa godere della detraibilità dell’IVA, nel periodo preparatorio all’inizio dell’attività, è necessario rispettare alcuni requisiti.

Primo tra tutti: il bene o il servizio dal quale si desidera detrarre l’imposta dev’essere necessario che il bene o il servizio, del quale si detrae l’imposta, sia necessario all’organizzazione imprenditoriale o funzionale all’attività economica programmata.

Inoltre, il mancato utilizzo del bene dev’essere determinato da cause indipendenti dalla volontà del contribuente.

Queste situazioni devono realizzarsi nel momento in cui è effettuata la detrazione dell’imposta.

Grazie al principio di neutralità dell’imposta e all’interpretazione assunta dalla Corte di Giustizia UE, così come recepita dalla giurisprudenza di legittimità italiana, e ormai anche dalla prassi, il diritto alla detrazione dell’IVA è salvaguardato, a prescindere dall’effettiva successiva realizzazione dei ricavi, purché la detrazione avvenga nel rispetto di un generale principio di buonafede del contribuente, in assenza di “finalità fraudolente o abusive”.

Report aziendali: di cosa si tratta

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I report aziendali sono un prospetto completo delle informazioni pubbliche riguardanti un’azienda. La consultazione di tale documento consente di conoscere maggiori dettagli circa partner, situazione generale dell’impresa, l’affidabilità o la sua produttività.

Cos’è un report aziendali

I report aziendali sono per definizione documenti che integrano dati estratti da diverse fonti ufficiali, quali Tribunale, Camera di Commercio, Conservatoria dei Registri Immobiliari e il Catasto. Questi sono mezzi fondamentali per l’analisi della clientela, ad esempio, sia la nuova che quella consolidata, ma sono utili per lo studio dei fornitori o di nuovi possibili partner commerciali. Ciò a cui mira un report aziendale è la valutazione dell’andamento di un’azienda. Il report infatti individua criticità e consente di adottare strategie per la crescita del business.

Un report aziendale comprende differenti dati e informazioni:

  • Dati che identificano l’Azienda;
  • Segnalazione Protesti e Pregiudizievoli di Conservatoria;
  • Dati di settore e dimensionali;
  • Segnalazione Procedure Concorsuali;
  • Segnalazione Esperienze Contenzioso.

E ancora:

  • denominazione, natura giuridica, codice fiscale, partita IVA, numero REA;
  • data di costituzioni, come ad esempio iscrizione al Registro Imprese, inizio attività;
  • attività esercitate e codice ATECO;
  • oggetto sociale;
  • sede legale e unità locali come attuali e storiche o cessate;
  • capitale sociale;
  • soci e ripartizione delle quote societarie;
  • sistema di amministrazione e controllo, durata, oggetto sociale, elenco dei componenti dell’organo amministrativo e di controllo;
  • dati di bilancio sull’ultimo anno o fino ai 5 anni precedenti;
  • gruppo societario;
  • partecipazioni storiche;
  • addetti;
  • eventi negativi come protesti, procedure concorsuali e pregiudizievoli.

Perché sono utili i report aziendali

I report aziendali, come anticipato, si mostrano fondamentali per gli imprenditori, poiché consente loro di possedere informazioni rilevati circa lo stato di salute dell’azienda analizzandola in termini economici, finanziari e produttivi. Il report aziendale permette, inoltre, di far prendere decisioni strategiche individuano il momento più opportuno, avendo aggiornamenti e verificando i settori maggiormente produttivi.

Tipologie

I report aziendali sono classificabili come direzionali o operativi. I primi sono dunque rivolti alla direzione dell’azienda e servono per il controllo del budget economico. Quelli operativi, invece, sono indirizzati ai responsabili dell’azienda. Forniscono i dati necessari per l’analisi degli scostamenti, tra quanto prefissato e quanto ragigunto.

Come richiedere un report aziendale online

Tramite il servizio offerto da registrovisure.it è possibile richiedere e ottenere immediatamente un report aziendale specificando se viene richiesta da un’impresa, società, libero professionista oppure ditta individuale, aderendo quindi al Codice del Consumo rivolto ai professionisti. Il servizio di registrovisure.it non è disponibile per privati. 

Registro Visure consente, inoltre, ai propri clienti di sottoscrivere un abbonamento mensile che mette disposizione 100 crediti mensili, da utilizzare per richiedere documenti ad un prezzo molto basso.

Riforma Irpef: cosa cambia

riforma irpef

Dalle ultime notizia pare che il credito Irpef verrà cancellato solamente de facto, questo consentirà l’erogazione di un bonus di 100 euro in busta paga sotto forma di detrazione. Ecco a cosa cambia con la riforma Irpef.

La riforma Irpef

La riforma dell’Irpef è stata ufficialmente approvata nei giorni scorsi, in seguito a un aspro confronto in Consiglio dei Ministri tra le forze politiche. Contestualmente si è parlato del bonus da 100 euro in busta paga che, tecnicamente, doveva essere riassorbito dalle detrazioni fiscali.

Nella pratica non è parso essere così, tanto che gli esponenti della maggioranza tentano di far chiarezza per i contribuenti.

È bene ricordare, in primis, che il bonus è stato introdotto inizialmente nel 2016, dal premier dell’epoca, Matteo Renzi. Inizialmente aveva un importo di 80 euro, raggiungendo poi 100 euro con il secondo esecutivo di Giuseppe Conte.

Dalle ultime notizie, pare che il credito Irpef non sarà cancellato, come si credeva. Nella sostanza, il credito Irpef verrà inglobato dal nuovo disegno di aliquota e verrà erogato anche nel 2022, questa volta come detrazione fiscale.

Cosa cambia oggi

Con la trasformazione dell’Irpef in detrazione fiscali, come afferma Luigi Marattin, deputato di Italia Viva e presidente della commissione Finanze della Camera, oltre a ottenere una semplificazione del sistema, trasformare il bonus in detrazione eviterebbe di creare “salti di aliquota marginale effettiva”. Luigi Marattin prosegue affermando  “un bonus può sempre essere cancellato con un tratto di penna, con una detrazione strutturale unica, essendo ‘incastrata’ nel sistema fiscale, è un po’ più difficile”. Con la riforma si definirebbe “il passaggio formale da erogazione diretta a detrazione fiscale”.

Tale sostituzione implica un risparmio nelle casse erariali. Il tutto calcolato a una cifra pari a 16 miliardi di euro. Queste risorse risparmiate dovrebbero andare ad aumentare le detrazioni da lavoro dipendente. Ad oggi, tuttavia, non vi è certezza.

L’erogazione come detrazione

Come detto, il credito Irpef sarà erogato come detrazione. Da quanto si apprende dal governo la riforma delle detrazioni andrà a vantaggio delle fasce medio-basse.

Di pari importanza è il raggiungimento dell’accordo politico sugli scaglioni dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Questi scendono da 5 a 4, come le aliquote. La fascia di reddito più bassa, fino a 15 mila euro, resta invariata al 23%, quella 15-28 mila scende dal 27% al 25%, quella 28-50 mila va dal 38% al 35%, mentre oltre i 50 mila euro annui si passa direttamente al 43%. Viene cancellata, quindi, l’aliquota del 41%.