È stata pubblicata, in Gazzetta Ufficiale il 17 gennaio 2022, la Legge europea n. 238 2021. Fa riferimento al recepimento della normativa comunitaria e adeguamento per sanare procedure di infrazione su aspetti delle leggi italiane che si allontanavano dalle direttive europee.
Si tratta di diritto dei lavoratori, di prestazioni sociali a cittadini extracomunitari, di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali e di validità dei tirocini.
Eccole nel dettaglio.
La Legge europea e la libera circolazione dei lavoratori
La legge di delegazione europea come detto, interviene sulle normative vigenti per modificare e intervenire su problematiche esistenti. Nell’articolo 1 si lavora per contrastare la direttiva n. 2014/54/UE1 sull’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione.
Le disposizioni delegano l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR) per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni, fondate sulla nazionalità.
Riconoscimento figure professionali e tirocini
Proseguendo nell’analisi del testo, l’articolo 4 tratta del riconoscimento delle qualifiche professionali. Le novità sono relative al riconoscimento delle qualifiche, dei tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionali. Non si fa riferimento solo ai cittadini italiani, ma anche a tutti gli altri cittadini degli Stati membri dell’Unione europea residenti in Italia.
Nel suddetto articolo si modifica, inoltre, il comma 1, secondo il quale anche il nostro ordinamento si instaura il divieto di esigere da un prestatore di servizio un anno di esercizio della professione nello Stato d’origine. La direttiva infatti stabilisce i casi in cui gli Stati membri non possono limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione.
Assistenza sociale stranieri, l’articolo 41
Infine, appare di particolare interesse la modifica apportata all’articolo 41 del testo unico immigrazione del D.Lgs. n. 288/1998, che vede l’aggiunta di due commi.
Stando al vecchio testo, difatti, l’articolo 41 subordinava l’estensione ai cittadini extracomunitari delle provvidenze concesse a titolo di assistenza sociale, al possesso di un permesso di soggiorno purché di durata non inferiore a un anno. Seguendo tale norma è capitato che l’INPS negasse la concessione di prestazioni, come l’assegno di natalità o maternità.
Nell’articolo 12, invece, sono ammesse parità di trattamento anche verso i cittadini extracomunitari, ammessi in uno Stato membro per motivi di lavoro a norma del diritto dell’Unione.
Pertanto, dopo le modifiche approvate con la legge europea, la equiparazione ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle prestazioni in materia di sicurezza sociale si applica:
- a tutti i titolari di permesso unico lavoro;
- ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio che svolgano un’attività lavorativa o l’abbiano svolta per un periodo non inferiore a 6 mesi;
- ai titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca.
Anche ai fini della fruizione delle prestazioni familiari sono ora equiparati ai cittadini italiani:
- gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi;
- gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a 6 mesi.